La Galleria Ca’ Pesaro di Venezia ospita fino al 23 ottobre prossimo la mostra ”Afro 1950-1970. Dall’Italia all’America e ritorno”. Sono gli anni fondamentali nella vita e nel percorso artistico del pittore italiano Afro Basaldella. In mostra le opere create a stretto contatto con gli artisti americani ed influenzate dall’atmosfera culturale del Nuovo Continente.
Afro, viaggiatore del mondo, nato ad Udine, ha vissuto a Venezia, Roma, Firenze, Parigi. Negli anni Cinquanta si trasferì per lunghi periodi negli Stati Uniti dove entrò in contatto con la Scuola di New York intessendo rapporti artistici e di amicizia con artisti come Willem de Kooning, Jackson Pollock e Arshile Gorky.
La vita
Afro Libio Basaldella (Udine, 4 marzo 1912– Zurigo, 24 luglio 1976), respira fin da piccolo l’atmosfera creativa perché il padre era pittore e decoratore. Compie gli studi artistici a Venezia dove si diploma all’Accademia di Belle Arti. A 16 anni, nel 1928, con i fratelli Mirko e Dino, entrambi scultori, espone alla Prima Mostra della scuola friulana d’avanguardia. Nel 1929, grazie ad una borsa di studio si recò a Roma dove fece amicizia con i pittori Scipione, Mario Mafai e Corrado Cagli.
A Milano, nel 1932 espone i suoi lavori alla Galleria Il Milione. Nel 1935 partecipa alla Quadriennale di Roma e alla Biennale di Venezia. Le sue prime mostre risalgono agli anni 1936 e 1937 alla Galleria Cometa di Roma nel famoso ed antico palazzo della contessa Pecci-Blunt. A Roma il pittore aprirà il suo studio nella strada degli artisti a Via Margutta.
A New York
Nel 1951, grazie all’amico Corrado Cagli, si reca a New York dove inizia una collaborazione ventennale con la gallerista Catherine Viviano che sarà sempre il suo punto di riferimento nella città americana.
Grazie alla fervida vita culturale ed artistica di New York, Afro, influenzato dall’atmosfera in cui è immerso, da un iniziale stile neocubista, si avvicinerà all’astrattismo. Partecipa alla mostra itinerante “ The New Decade: 22 European Painters and Sculptors in varie città degli Stati Uniti.
I premi e la consacrazione
Nel 1956 ottiene il premio per il miglior artista italiano alla Biennale di Venezia. Sempre nello stesso periodo aderisce al Gruppo degli otto composto da otto pittori non figurativi italiani tra cui Giulio Turcato ed Emilio Vedova.
Nel 1958 ottenne la commissione per dipingere il murale “The Garden of Hope” per la sede dell’UNESCO di Parigi.
Negli anni Sessanta è protagonista di mostre personali a Parigi, New York, Milano, Lucerna, Berlino, Monaco di Baviera.
Si spegne a Zurigo nel 1976.
Nel 1992 l’opera completa di Afro fu esposta al Palazzo Reale di Milano.
La mostra
La mostra, organizzata in collaborazione con l’Archivio Afro di Roma, espone 45 capolavori dell’artista ma anche alcune opere di altri grandi pittori internazionali con cui Afro è entrato in contatto.
Le sale della mostra ci accolgono con un’esplosione di colori, di forme, di entusiasmo per la vita e l’arte. Forme libere ma ragionate in cui si percepisce la grande sensibilità dell’artista. Uomo schivo e solitario, che trovava nella pittura l’espressione concreta al suo bisogno di comunicare anche lavorando insieme ad altri colleghi.
”Proprio per motivi di mestiere il pittore è infinitamente più felice dello scrittore per esempio, perché lo scrittore non può lavorare che da solo, mentre i pittori han potuto lavorare anche in compagnia”. (Da un’intervista di Afro del 1948).
Pittura emotiva
Pittura emotiva, diretta, che si svilupperà a contatto con l’influenza americana in un dissolvimento dell’immagine a favore del prevalere del sentimento ritmico in cui le forme si assimilano nel colore. Lo spazio creato da Afro sembra oltrepassare i limiti del supporto materico della tela. Prevale il sentire, l’essere e non la rappresentazione. È una mostra da percorrere lentamente, sala dopo sala, ammirando i cambiamenti temporali dell’artista attraverso la sua vita, le relazioni, i viaggi. Per arrivare ad una essenzialità cercata da sempre ed incontrata nella pennellata forma-colore che ci svela il pensiero intimo ed essenziale di Afro Basaldella.
Dagli Anni Trenta alla Biennale del 1956
La sala ci accoglie con un autoritratto del pittore del 1936 proveniente dalla Galleria d’Arte Moderna di Roma che rappresenta il punto di partenza del ventennio di maturità del pittore analizzato in questa personale.
Un’opera di grande intensità e sintesi degli stili studiati ed assimilati dall’artista. Dopo la Guerra, Afro stabilisce il suo studio a Roma, a Via Margutta. In questa sala sono esposte due opere importanti del 1948 caratterizzate da uno stila che libra verso il Cubismo: Natura Morta e Pianeta della Fortuna.
Si può intuire l’influenza di Pablo Picasso ma anche quella di Giorgio de Chirico con le strutture architettoniche che si stagliano su sfondi assoluti e lontani. Nel 1949 Afro inizia una collaborazione con la gallerista Catherine Viviano di New York che durerà fino al 1968. Afro rimarrà sempre un artista difficile da incasellare in un gruppo preciso di artisti o in uno stile particolare.
A partire dagli anni Cinquanta si avverte una morbidezza delle forme diversa dalla fase cubista e un utilizzo maggiore della tela nel formato orizzontale che gli permette un intenso dinamismo nella costruzione del dipinto. I colori si fanno più intensi e si avverte una dilatazione dell’immagine nella forma-colore.
Afro e i suoi “compagni di viaggio”, dall’Italia all’America e ritorno
Durante i suoi viaggi in America, Afro riesce a stabilire solidi contatti di lavoro e amicizia con famosi artisti statunitensi come William de Kooning, Alexander Calder, Franz Kline.
Queste relazioni porteranno Afro a riflettere sul rapporto autore-opera, la vita interiore e l’immagine rappresentata. L’esperienza dell’Astrattismo orienterà Afro verso una maggiore saturazione pittorica del suo stile, velocità di espressione e spontaneità a discapito dello studio dell’equilibrio compositivo più ragionato.
In questa sala sono esposte opere di Alberto Burri, Arshile Gorky, Willem de Kooning.
1956-1959
Tra il 1956 e il 1959, i viaggi di Afro negli Stati Uniti sono molto frequenti. Gli vengono dedicate delle mostre personali a Santa Barbara e a San Francisco. Le opere più significative di questo periodo sono Notturno (1956),
Paese giallo (1957),
Stagione nell’Ovest (1956)
La pittura di questi anni si fa sempre più pittura emotiva, più diretta ed immediata.
Riflessioni
”Da tempo provavo un certo disagio di fronte al mio lavoro: ero estraneo al quadro che realizzavo come se non rispondesse ad uno svolgimento, ad una necessità interiore che diveniva più urgente e precisa. La mia pittura è sempre stata soggettiva, ho sempre cercato uno spazio fatto di memoria e ritrovato per sentimento ed intuizione…Sento il mio lavoro lontano da me perché non mi bastava rappresentare una realtà di fantasia, di sogno o di memoria esistente oltre il quadro e di cui il quadro era specchio o tramite, ma volevo che quella realtà si identificasse con la pittura e la pittura divenisse la realtà stessa del sentimento, non la sua rappresentazione” ( Afro,1958).
In questo periodo, nelle opere non riconosciamo più il soggetto, il titolo stesso ci riporta ad emozioni, sensazioni. Lo spazio è al centro della sua ricerca, la pennellata si fa più ampia e sfrangiata. La pittura come sensazione e non come rappresentazione.
Gli anni Sessanta e Settanta
Gli anni Sessanta e Settanta sono anni ricchi di riconoscimenti internazionali per l’artista. Il clima culturale sta cambiando e anche la collaborazione con la gallerista Viviano sta per concludersi a causa delle difficoltà economiche dell’amica. La sua ultima mostra a New York è del 1968. I colori dei quadri diventano più scuri, le forme tornano ad essere più definite. Ricompare un maggior controllo della stesura pittorica, le forme sono raccolte all’interno di contorni più definiti.
Negli anni Sessanta, Afro, oltre a mantenere il suo studio a Roma e a viaggiare, trova il suo buon retiro dove trascorrere l’estate e lavorare. È un vecchio castello presso Udine, la sua città natale. Un luogo che salverà dall’abbandono e dall’incuria restaurandolo. Sarà un ritorno all’infanzia, alla memoria, al sogno, dove amerà ricevere gli amici artisti fino alla fine dei suoi giorni.
Il sentire dell’artista
È così che sala dopo sala, in un percorso totalmente immersivo, ci ritroviamo a percorrere gli slanci, gli stati d’animo, la forza ma anche la leggerezza di uno degli artisti italiani più rappresentativi del Novecento.
Con la sua arte ci ha svelato la complessità dell’animo umano, la ricerca della libertà, dell’essenzialità e soprattutto dell’integrità e del senso morale, qualità rare da incontrare in questi anni confusi ed incoerenti.
Vai alla sezione Mostre e Arte di Artista News e scopri altri articoli!
Seguici anche su Facebook!
Adoro le parole della dottoressa Renzi🥰🥰🥰🥰
Bravissima Stellina