Il convento francescano di Sant’Isidoro Agricola sorge nell’area verde corrispondente ai giardini di Villa Ludovisi. Di notevole pregio i tesori d’arte custoditi nella chiesa, dove agirono da protagonisti, tra il terzo e il settimo decennio del Seicento, Andrea Sacchi (1599-1661) e il suo allievo Carlo Maratti (1625-1713), esponenti di punta della filiera del classicismo accademico seicentesco.
Grazie alla mediazione di padre Luca Wadding, esponente della più alta cultura teologica dei cattolici irlandesi a Roma, l’esecuzione della pala dell’altare maggiore, raffigurante l’apparizione della Vergine a Sant’Isidoro, venne affidata che negli anni venti del XVII secolo deteneva il verbo classicista a Roma: Andrea Sacchi, allievo di Francesco Albani, a sua volta ultimo degli allievi di Annibale Carracci. La pala venne realizzata nel 1622, contestualmente alla canonizzazione di Isidoro da parte di papa Gregorio XV.
Per li rami, il maestro promosse e favorì nella chiesa stessa, grazie anche alla mediazione di Giovan Pietro Bellori, il giovane allievo Carlo Maratti, che intervenne in momenti diversi alla decorazione di tre cappelle, le cui opere segnano l’acquisizione di una progressiva autonomia dell’artista dal maestro: la cappella Alaleona, intitolata a San Giuseppe, dove Maratti realizzò sia i dipinti che gli affreschi della cupola; la cappella Ludovisi-Pamphilj; e, infine, la cappella De Sylva, scrigno prezioso progettato da Gian Lorenzo Bernini, per la quale Maratti eseguì la bellissima tela dell’Immacolata Concezione (1661-63), rielaborazione moderna dello stile di Guido Reni.