Attrattiva Mafia: cattivo gusto, business senza etica o smacco?
Magliette, accendini, tazze, portachiavi e statuine. Insomma, gadget e ricordini: con la faccia ammiccante di Don Vito Corleone, protagonista del romanzo di Mario Puzo Il Padrino e dell’omonimo film di Francis Ford Coppola. O con la scritta Cosa nostra. Fino ad arrivare alla statuine con la scritta “ u mafiusu a mafiusa”, con tanto di coppola lui e bandana lei, dai siciliani conosciuta come “u fazzulettu di testa”. Ce ne sono tante nella bancarelle, non solo siciliane, di souvenir.
Mettendo in relazione la parola Mafia e quella business il pensiero di certo si orienterebbe sul business criminale: estorsione, usura, traffico di droga o altre, proficue, attività illegali, oggi voglio parlarvi,invece, di un business, forse meno redditizio,ma lesivo e offensivo per l’immagine dalla Sicilia: quello dei souvenir di Mafia.
Gironzolando per i centri siciliani e non solo ci si imbatte continuamente in gadget raffiguranti personaggi mafiosi che, negli anni, sono diventati l’immagine dell’isola stessa. Un business ritenuto da molti innocuo ma che fa apparire la mafia come qualcosa di folcloristico, da portare a casa come un souvenir. Una serie di gadget offensivi per la sicilianità con vignette allusive a violenza, omertà e onore, ogni giorno partono dall’isola con il turista contento di portarsi a casa un ricordo mafioso. Ogni tanto si apre la polemica ma il macabro business non si ferma, frutto della perversa e morbosa abitudine di speculare sulle tragedie. Il caso siciliano, del resto, non è un fenomeno isolato in Italia, dove troppo spesso fatti di cronaca diventano spunto per nuove folli idee con il fine unico di fare qualche soldo. Tra le più imbarazzanti quella messa in scena nel rione Sanità a Napoli per carnevale: tra i vestiti in vendita quello dello “zio Michele” , dedicato a Michele Misseri, condannato a otto anni per concorso in omissione di cadavere nell’omicidio di Sarah Scazzi.
Messaggi diseducativi, a tratti denigratori, balzano agli occhi dei nostri figli ogni giorno, offrendo loro uno scenario distorto di quello che in realtà è il fenomeno.
Dopo i gadget altra piaga, dai profitti certamente alti, ma dai “danni all’immagine” e non solo, molto discutibili,sono le pellicole cinematografiche/ televisive, oggetto di audience e di polemiche. Parlare di Mafia si deve. Informare è un dovere; disinformare un gravissimo errore. Sono pochi i film che mostrando la Mafia la dislocano dal potere evidenziandone la reale natura. La maggior parte di film,nonostante mostri l’immagine negativa ne evidenzia il potere,spesso eccessivamente, lasciando trapelare un messaggio non sempre positivo,poiché l’interpretazione è sì libera ma pur sempre condizionata.
La forza sta nel coraggio e non nell’intimidazione, ma questo raramente si percepisce da alcuni film. Per citarne uno: Lo zio Totò, andato in onda qualche anno fa che, incentrando le vicende sulla figura di Riina, ha creato un personaggio ma non ha lasciato nulla, almeno non a chi quella Sicilia l’ha vissuta e la vive. Sciascia insegna che quando uno scrittore scrive di mafia non nella maniera che gli ingenui si aspettano, cioè la più inutile, è bene metta le mani avanti per avvertire “coloro che hanno corta memoria o/e lunga malafede e che appartengono prevalentemente a quella specie di persone dedite all’eroismo che non costa nulla, lo stesso criterio dovrebbe essere adottato nella riproduzione dei film che arrivano al grande pubblico.
In fine concludo con i “talenti” di cosa nostra. Dalla figlia di Riina al pentito Gaspare Mutolo, anche lui oggi pittore, dopo essere stato prima uomo di mafia alla corte di Riina e Riccobono e poi collaboratore di giustizia, dismessi i panni di “uomo d’onore” e in carcere quelli di “ghost painter” per il boss Luciano Liggio, il quale esordio lascia molto da pensare. Forse è più dato dall’impatto mediatico che dal talento artistico. L’arte è salvifica ma non fa miracoli. L’artista esterna ciò che ha dentro e da quello sviluppa l’io…non lo cambia…
E’ triste camuffare l’attrattiva per arte, inoltre è un offesa all’arte e una beffa per gli artisti capaci ma che fanno fatica a emergere in uno scenario culturale che vende (anche a caro prezzo) nomi anziché opere.
L’immagine della Sicilia non potrà mai distaccarsi da quella prettamente mafiosa finché ci si ostinerà a mostrarla senza etica, né criterio. In fine concludo ricordando che la Sicilia è una terra ricca di cultura e tradizioni che, purtroppo, negli anni sono sempre passati in secondo piano.
Nella speranza di aver dato uno spunto di riflessione e una visione non mediatica ma etica, ricordo ai futuri turisti che di souvenir degni se ne trovano svariati, quali: le marionette siciliane, le statuine dei templi, le ceramiche, gli oggetti in pietra lavica, il marranzano ( strumento musicale dalle antichissime origini), il carrettino siciliano, i vari quadri e gadget raffiguranti i magnifici monumenti e tanti altri.