Gaetano Porcasi nato a Partinico nel 1965 è noto per il suo talento artistico dalle più illustre figure culturali e artistiche del XX secolo. La sua indole da pittore gli ha permesso di conseguire il diploma presso l’Istituto d’Arte di Monreale e laurearsi, conclusi i 5 anni di percorso artistico, presso l’Accademia delle Belle Arti di Palermo con il massimo dei voti.
Ha ottenuto successivamente la cattedra come docente all’Istituto d’Arte di Sassari prima e di Alghero poi. Tornato in Sicilia si è stabilito definitivamente al Liceo Scientifico Santi Savarino a Partinico. Conosciuto per la sua passione per pennelli e colori, nelle sue opere egli tende a raccontare la contraddittorietà della sua amata terra – per la quale ha un attaccamento pressoché morboso – proprio attraverso l’arte considerata semplice forma di comunicazione.
Mediante l’arte Porcasi si è reso fautore del programma “Pittura antimafia”, avviato da lui stesso nel 2003, con l’intento di realizzare episodi che illustrassero una via di sangue nella storia della Sicilia. Egli ha spiegato: “I colori della terra in cui siamo nati, le espressioni dei volti, il percorso tortuoso di quanto è accaduto, sono la nostra unità di misura rispetto a ciò che ci è esterno, sono una parte integrante del nostro essere, il patrimonio che ci accompagna attraverso il tempo della nostra storia, la vegetazione della nostra complessa e intricata foresta della memoria”.
Molti sono i personaggi di un certo calibro, sul piano sia storico che artistico, ad aver parlato della genialità e della bravura di Porcasi, tra questi citiamo Giuseppe Carlo Marino, storico e accademico, secondo cui Porcasi vive la Sicilia quasi fosse la rappresentazione di un dramma quotidiano di individui e masse popolari sull’orlo di una tragedia. Ragion per cui è considerato da Marino il “pittore della storia” e consequenzialmente, per la sua capacità di frantumare la realtà in funzione della storia raccontata in una sorta di realismo metodologico ecco perché “pittore dell’antimafia”. Da Marino si arriva poi a Nino Iannazzo, sindaco di Corleone, Carlo Lucarelli, scrittore e Giovanni Zavarella, critico d’arte.
“Le sue opere sono manifesti di denuncia sociale dalle quali emerge la volontà di lottare per l’affermazione dei valori umani, per il rispetto della natura, dei diritti dei più deboli, delle regole della democrazia”. (Nino Iannazzo)
“E’ la forza della pittura, dell’immagine dipinta, che riesce ad evocare il mondo diverso dalla parola. In questo modo tutto il dolore, la crudeltà, ma anche la pietà, l’orgoglio, la speranza, che si accompagnano ad episodi della nostra storia e della nostra vita, come le uccisioni di Carlo Alberto dalla Chiesa, don Puglisi e di tanti altri, emergono con violenza sulla tela e si scompongono in una narrazione continua che è molto più di un film, molto più di un romanzo, è la magia della pittura”. (Carlo Lucarelli)
“La sua opera non si dissolve in zuccherate soluzioni. Non tradisce per nulla la vocazione dell’arte al valore e al messaggio. E’ la risultanza di un percorso pittorico che parla all’uomo contemporaneo e lo invita a ricordare che è nato per seguire ‘virtù e conoscenza’”. (Giovanni Zavarella)