Splendore e segreti
di una dinastia senza pari
Secondo Dominique Fernandez, membro dell’Académie Française e vincitore del Premio Goncourt 1982, “I Medici” di A. Dumas è “il libro più intelligente e vivace mai scritto su questa famiglia”, non a caso è definita “dinastia senza pari”.
L’opera, che dal punto di vista dello stile anticipa le pagine migliori del romanziere maturo, riflette innanzitutto l’interesse di Dumas per la storia delle grandi dinastie, pensiamo a Les Borgia, a Les Bourbons de Naples, a La maison de Savoie, a Les Stuarts e alle Impressions de voyage en Russie.
Però soprattutto rivela la sua straordinaria abilità nel rendere avvincenti fatti di cronaca pura e semplice: “da un aneddoto traeva una novella, da una novella faceva un romanzo e da un romanzo creava un dramma”. Ciò non vuol dire che Dumas sia uno storico inattendibile perché alla base dei suoi scritti c’è una capillare ricerca delle fonti di informazione.
Nel caso de I Medici non v’è dubbio che l’autore abbia consultato tutta, o quasi tutta, la bibliografia disponibile nel 1840: da Machiavelli a Guicciardini, da Benedetto Varchi a Filippo de’ Nerli, da Dino Compagni a Giorgio Vasari, da Giovanni Villani a Marco Lastri, da Pompeo Litta a Paride Grassi.
La struttura dell’opera dumasiana è bipartita: si ha una prima metà dedicata alla parte della famiglia che si può definire “principale” e un’altra dedicata al “Ramo cadetto”.
La prima, partendo dalle origini con il fondatore della dinastia Averardo detto Bicci (1320-1363), si estende fino alla morte di Caterina de’ Medici regina consorte di Francia 1589).
Nel tragitto temporale che copre oltre due secoli si incontrano personaggi a noi già noti: Cosimo de’ Medici conosciuto anche come Padre della Patria che fu amatissimo dal suo popolo, i fiorentini e ammirato e invidiato dalle corti di tutta Europa; fu colui che gettò le solide basi dell’Umanesimo del ‘400 e della nascente forza politica medicea.
Suoi diretti discendenti furono i nipoti Giuliano (1453-1478) e Lorenzo detto il Magnifico (1449-1492) passati alla storia non solo per la Congiura dei Pazzi, dove fu assassinato il primo dei due fratelli, ma soprattutto per lo splendore che Lorenzo riuscì a donare, pur indebitandosi molte volte, alla città di Firenze.
Quest’ultimo venne considerato da molti un monarca e il fulcro della politica europea dell’epoca (anche se non aveva titoli) e da altri un tiranno a tal punto da scatenare più complotti contro di lui. Lorenzo ha lasciato in eredità al mondo ciò che pochi son stati in grado di fare: basiliche, chiese, opere letterarie e dipinti, sculture e accademie di arte, mecenatismo e politica di alto livello.
Affidò la cultura della bellezza a mani esperte tra cui Sandro Botticelli (suo caro amico), il Verrocchio, Giuliano da Sangallo, il Ghirlandaio e un ancora giovane Michelangelo. Lui stesso, nonostante gli impegni di natura diversa nell’accesa vita politica dell’epoca e nella continua lotta contro il frate Girolamo Savonarola (una spina nel fianco per Lorenzo), si dedicò in prima linea alle arti e alla musica tanto da scrivere poesie che ancora oggi si leggono sui banchi di scuola.
Del ramo principale non si possono non ricordare due Medici che salirono poi al trono papale, ovvero Giovanni (1471-1521, figlio di Lorenzo) noto come Leone X e Giulio Zanobi (1478-1534, figlio illegittimo di Giuliano) meglio conosciuto come Papa Clemente VII. Entrambi presero i caratteri dei relativi padri e furono tanto acuti di mente quanto grandi mecenati delle più raffinate arti visive, architettoniche, musicali, letterarie.
E tra i molti non si può non nominare Caterina de’ Medici, moglie di Enrico II e madre di ben tre sovrani, figura di rilievo a livello internazionale nel 1500 presso la corte francese, suocera di Maria Stuarda regina di Scozia. Un personaggio, Caterina, controverso, amato e odiato, ambiguo ma rispettato. Colei che con carattere forte riusciva a gestire perfettamente tutta la situazione politica e sociale della Francia a discapito dei reggenti (marito e figli) che al contrario si dimostrarono deboli.
Il romanzo di Dumas padre non vuole però metter in evidenza solo quella parte luminosa della storia che fino a noi è giunta intatta ma ha desiderio di far nascere la curiosità nel lettore riguardo argomenti e storie tralasciati o nascosti.
Il “ramo cadetto” nominato prima nacque con Lorenzo il Vecchio (1395-1440, fratello di Cosimo) il quale non lasciò molto ai discendenti. Difatti la seconda parte dell’opera si concentra su personaggi storicamente poco rilevanti dato che il ramo principale fu il più proficuo, ma Dumas ne estrapola la vera parte romanzata. Una dinastia, questa, più longeva, che arriva fino al 1737, quindi due secoli in più dell’altra di cui si perde traccia dopo Caterina.
I nomi, ripetitivi tra loro nelle epoche (Lorenzo, Giovanni, Piero, Cosimo etc) in questo ramo non hanno avuto grande fama ma le storie di cronaca, di amore, di relazioni nascoste e di intrighi hanno fatto di questi personaggi “secondari” della storia dei veri e propri esempi di romanzi di varia natura.
Sembra quasi che molti dei più famosi gialli, delle biografie, delle tragedie e delle commedie, dei romanzi d’amore abbiano preso spunto dagli episodi che l’autore raffigura nelle pagine di questo libro e che rende più tangibili e vivibili grazie alla sua capacità di scrittura simile a quella di un narratore che legge in diretta più che di un romanziere dell’800.
Per anticiparne qualcuno: il ritratto dell’equivoco Lorenzino, la scena dell’omicidio di Alessandro il Moro e la storia d’amore di Francesco I e Bianca Cappello ne sono esempi emblematici.
Il valore aggiunto a questo materiale ricercato con cura e attenzione da Dumas è costituito dunque dalla capacità dello scrittore di elaborare dati e trarne sintesi acute, non di rado espresse con ironia e senso dell’umorismo o con accenti di sapore gotico e tinte forti, comunque tali da convincere il lettore e da indurlo a perdonare piccole sviste, pochissime a dire il vero e con ogni probabilità imputabili non all’autore ma ad errori di trascrizione e stampa.
L’accurata traduzione e l’avvincente introduzione di Viviana Carpifave insieme alla collaborazione con la casa editrice Père Lachaise (edizioni Clichy) rendono questo romanzo un caposaldo della letteratura.
E’ necessario per comprendere le vicende che hanno portato fino ai nostri giorni lo splendore della dinastia Medici e la gloria data al periodo dell’Umanesimo e del Rinascimento italo-europeo; dall’altro lato esso è una lettura contingente poiché talmente piena di intrighi e segreti da spingere il fruitore a non staccarsi dalle parole impresse su carta e da volerne sapere sempre qualcosa di più pagina dopo pagina.
Dalla storia di questa grande dinastia di recente ne è stata creata una serie televisiva omonima, I Medici appunto, andata in onda su Rai 1 e composta di 24 episodi divisi in tre stagioni con la regia di Frank Spotnitz e Nicholas Meyer.
La serie mette in evidenza il ramo principale della famiglia ma non evita l’inserimento di personaggi riconducibili al ramo cadetto (Lorenzino, ad esempio).
L’audience ha apprezzato il cast d’eccezione, la straordinaria regia e la brillante gestione della fotografia nonostante siano state mosse molteplici critiche rispetto alla congruenza con la storia documentata e quella messa in onda. D’altronde però la TV propone sempre storie più romanzate del dovuto, perciò i giudizi positivi e negativi son stati accolti e apprezzati dai creatori della serie.
La sigla “Renaissance” (https://www.youtube.com/watch?v=TETgHZf6ho0), composta da Paolo Buonvino e Skin, è in perfetta consonanza con lo stile registico e le scelte attoriali; ovviamente non è simile a nessun tipo di musica rinascimentale ma si fonde totalmente con il taglio moderno che è stato dato alla serie grazie anche all’inconfondibile e graffiante voce della cantante leader degli Skunk Anansie.
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