La Leggerezza in Calvino
Circa un mese fa, al termine della visione di Luca, l’ultimo lungometraggio di animazione della Pixar, mi sono trovato a riflettere come in esso fossero disseminate tracce di leggerezza, nell’accezione più calviniana del termine.
Nella prima delle sue Lezioni Americane, il libro scritto in preparazione ad un ciclo di conferenze che avrebbe tenuto all’Università di Harvard, Italo Calvino parla della Leggerezza. La definisce come una reazione al peso del vivere, una contrapposizione al mondo opaco e pesante, ma non per forza frivola, anzi, caratterizzata da intelligente pensosità. Identifica, come simbolo di essa, il poeta-filosofo che si solleva in volo sopra la vitalità di tempi rumorosi, aggressivi, scalpitanti e rombanti.
Tra emozioni e anime
Negli ultimi anni l’animazione per bambini si è divisa in due grandi filoni, uno totalmente disimpegnato avente solo l’obiettivo di far staccare la spina mentale al giovane fruitore, soprattutto di età prescolare, e uno, in cui la Pixar si è ritagliata uno spazio autonomo e molto celebrato, di intrecci narrativi sempre più complessi in termini di psicologia dei personaggi e argomenti trattati. Se infatti Inside Out parla delle emozioni che un adolescente inizia a sentire in maniera contrastante, il recente Soul si spinge addirittura a tessere un discorso sull’anima e sulla vita dopo la morte.
Temi sicuramente coraggiosi e moderni da affrontare in pellicole destinate soprattutto a fini commerciali al pubblico infantile, ma che si rivolgono solamente in parte ad essi, strizzando invece l’occhio agli adulti in grado di apprezzare e concepire allusioni, argomenti e suggestioni che non sono accessibili per esperienza e vissuto da un bambino o un preadolescente.
La fiaba in Luca
In mezzo a questi due poli ciò che sembra non essere più complicato è invece l’intreccio fiabesco, la narrazione fatta di allegorie e tòpoi magici orientata verso un percorso di crescita accessibile a qualunque fruitore in grado di recepirne gli insegnamenti e la morale.
A tale proposito ricordiamo che Calvino dedicò un’intera opera di ricerca e riscrittura a fiabe e racconti popolari provenienti da ogni regione d’Italia.
Un film Pixar in Liguria
E a questo punto entra in scena Luca, diretto da Enrico Casarosa per la Pixar, primo lungometraggio targato Disney ad essere interamente ambientato in Italia.
Questo anche per via delle stesse origini del regista, che ritorna alla sua infanzia ligure, tra Genova e le Cinque Terre, immergendo la storia in un piccolo e immaginario paesino marittimo di nome Portorosso. Ciò non può non evocare per nome, paesaggio e colori, una sorta di crasi tra Monterosso e Portovenere, nella riviera di Levante della Liguria, che vive nel cartone tra pescatori, strette viuzze (creuze) che portano dai monti al mare, anziani imbronciati che giocano a scopa sotto i portici e le immancabili trenette al pesto.
Il film, uscito solo sulle piattaforme streaming e non nelle sale, ha riscosso in generale un buon successo (in Italia la sua uscita era attesa con una certa curiosità vista la inusuale location). Tuttavia rispetto ad alcuni illustri predecessori il consenso non è stato totalmente unanime, e le opinioni più negative hanno generalmente portato come argomento la sua estrema semplicità.
Ed è da qui che vorrei partire per rovesciare l’affermazione e fare invece un elogio della pellicola rimandando anche alla citazione calviniana di apertura.
La Trama
La trama di Luca in effetti è incredibilmente semplice. Concettualmente si ispira alla leggenda di Colapesce (riportata anche nelle Fiabe Italiane di Calvino), il pescatore che sapeva nuotare come una creatura acquatica fino alle profondità degli abissi, ma è soltanto uno spunto primordiale.
Luca, l’omonimo protagonista, è un ragazzino appartenente ad un popolo di mostri marini, che vivono nei fondali dell’oceano, e che spinto dalla curiosità e anche dall’esuberanza del suo nuovo amico Alberto, arriva nel mondo in superficie, dove l’assenza di acqua dona alle creature come lui un aspetto da essere umano. Una volta scoperto dai suoi genitori si nasconde con Alberto a Portorosso dove faranno amicizia con Giulia, una vivace ragazzina intenzionata a vincere una gara estiva annuale che si tiene in paese, battendo l’arrogante bullo della zona.
I due decidono di aiutarla, con l’obiettivo di usare i soldi della vincita per comprarsi una Vespa, che vedono come simbolo di fuga e libertà, ma dovranno stare attenti a non far scoprire il loro vero aspetto perché gli abitanti del luogo temono i mostri marini e sono intenzionati ad ucciderli.
Come si può intuire da questa sintetica descrizione, la trama di Luca non punta ad affrontare grandi temi psicologici ed esistenziali, ma si presenta per molti versi come la più classica e lineare delle fiabe.
Luca, un intreccio fiabesco
Esattamente come nella struttura fiabesca, in Luca non si fa alcuna indagine analitica sul passato dei personaggi e le loro motivazioni più profonde, e questo perché non ve n’è alcun bisogno essenziale. Non aggiungerebbe molto sapere da dove viene il popolo di tritoni a cui Luca appartiene, se sono già stati in superficie, se la loro inimicizia con gli umani deriva da qualche episodio specifico, se la madre di Luca ha subito qualche trauma personale che la porta ad una angosciosa apprensione per il destino del figlio.
Al pari del più classico “C’era una volta” il film ci mette gli elementi già lì, pronti, ed è al massimo compito dell’immaginazione dello spettatore fare ipotesi e costruzioni mentali totalmente personali, ognuna valida proprio perché priva di un riscontro ufficiale.
Dicevamo “fiaba”, e in Luca di rimandi fiabeschi impliciti e non ce ne sono diversi. Abbiamo già citato lo spunto originario di Colapesce, ma il prologo, in cui il protagonista contravviene agli ordini parentali e dalla vita subacquea scopre la passione per il mondo all’aria aperta, non può non evocare suggestioni da La Sirenetta, la favola di H. C. Andersen che la Disney rilanciò nel 1989 musicandola e fornendole un lieto fine.
Il centro della storia con l’incontro tra Luca, Alberto e Giulia e il loro patto di amicizia unita dall’essere tre perdenti emarginati ma fieramente determinati può invece portare alla mente una certa narrativa letteraria e cinematografica degli anni 80′, da Stephen King con It e Stand By Me ai Goonies di Richard Donner, che pur non ascrivendosi al racconto popolare, tra mostri, entità magiche, avventure, pirati, crescite interiori dei personaggi, si possono considerare delle fiabe contemporanee.
Un mostro marino e un burattino
Ma soprattutto una delle suggestioni più interessanti che emergono dalla pellicola è quella riguardante Pinocchio, celebre personaggio inventato da Carlo Collodi nel suo romanzo per ragazzi Le avventure di Pinocchio – Storia di un burattino, divenuto poi molto conosciuto negli Stati Uniti a seguito della versione Disney del 1940.
Luca in un certo senso è un po’ una versione squamosa e anfibia del burattino collodiano, che si trova diviso tra una promessa di eterno divertimento e girovaga libertà insieme all’amico scavezzacollo (Alberto, un Lucignolo più piacevole di quello originale) che deriva dalla loro condizione di mostri marini, e il desiderio, è il caso di dirlo, di diventare invece un “bambino vero”, accettando le responsabilità della vita. Attraverso l’amicizia con Giulia (che forzando un po’ potrebbe essere una “fatina dai capelli rossi”, ricordando però che la più celebre Fatina dai Capelli Turchini era in effetti solo una bambina nella sua prima apparizione) riesce ad ultimare il suo percorso di crescita e istruzione andando a scuola.
Ora, questo potrebbe ovviamente essere frutto di una sovrainterpretazione, anche se si può notare come gli omaggi espliciti al burattino collodiano sono ben due, la canzone Il gatto e la volpe di Edoardo Bennato e lo stesso Pinocchio che compare prima insieme alla nota coppia di truffatori durante una sequenza onirica e poi direttamente come libro in camera di Giulia, lasciando quindi trasparire l’idea che se non in maniera diretta, è stato comunque una fonte di ispirazione nella stesura della storia.
Tuttavia quello che risulta chiaro è che, nonostante, o proprio in virtù della sua struttura fiabesca, Luca non è un’opera frivola. Il fatto che non si spinga ad analizzare come mutano le emozioni nel cervello delle persone o cosa c’è dopo la morte, non vuol dire che non offra chiavi di lettura in grado di stimolare il pensiero dell’osservatore in maniera arguta e intelligente.
Luca: tracce di leggerezza pesante
Alcuni hanno visto in Luca una metafora dei rapporti LGBT all’interno di una società bigotta e repressiva, forse in virtù di alcune somiglianze narrative con Call me by your name, la pellicola del 2017 di Luca Guadagnino ispirata all’omonimo romanzo di Andrè Aciman, anche questa ambientata in una bucolica Italia estiva e su una particolare amicizia tra due ragazzi, uno dei quali più grande dell’altro, che senza andare in fior di metafora nell’opera di Guadagnino si tramuta in amore fisico.
Casarosa ha smentito questa interpretazione sul piano letterale della storia, il che ovviamente non significa che sul piano dell’esperienza personale e individuale non resti assolutamente valida.
Luca è infatti una storia che senza voler forzatamente indirizzare lo sguardo, si pone contro ogni tipo di discriminazione. I tritoni temuti solo per via del loro aspetto mostruoso, che l’odioso bulletto Ercole dirà di provare disgusto nei loro confronti, evidenziando tutta l’ottusità che può racchiudersi in una mente intollerante, e che finiranno per fare amicizia e integrarsi con i loro potenziali nemici naturali, una comunità di truci pescatori, sono un’immagine forte ed efficace abbastanza da porsi come metafora verso ogni tipo di integrazione culturale, razziale e sessuale.
Proprio perché non manifestamente palesata in una particolare accezione.
Una storia di bambini per i bambini
Ma soprattutto quello che colpisce è che Luca è una storia di bambini per i bambini. Lo sguardo attraverso cui seguiamo la narrazione è quello giocoso, esuberante, sbarazzino e sincero dell’infanzia, che si trova a confrontarsi con un mondo avventuroso e pieno di potenziali ostilità, rappresentate in primis dagli adulti. Non è un caso che l’antagonista sia un adolescente che ha superato la pubertà, un vanesio che ha già superato la soglia dell’innocenza e che vede nei bambini delle facili vittime da cui farsi temere.
Luca è un film interamente dedicato all’infanzia, al potere che appartiene unicamente ai bambini di vivere in un loro mondo fatto di fantasie e immaginazione, ma non per questo stupido o avulso dai problemi della vita e dalla comprensione di essi, secondo una loro logica che spesso sfugge allo sguardo pesante e cervellotico dell’adulto.
Un esempio chiave del rifiuto di ogni ipertrofia in favore di un linguaggio comprensibile e sentito da tutti, è quando Luca domanda a Giulia cosa farà una volta vinta la gara e questa risponde “Oh, niente. Mi alzerò in piedi e dirò “Ve l’avevo detto!“. Non c’è nessuna necessità di drammatiche poste in palio, se non semplicemente la gioia di vivere un’avventura, già pronti per quella successiva.
Esattamente come Luca e Alberto a cavallo della Vespa e Luca e Giulia sui deltaplani verso il cielo stellato, Luca con le sue tracce di leggerezza si libra in aria, ricordandoci che anche le storie semplici hanno una loro dignità, che non bisogna per forza puntare troppo in alto per riuscire a volare e che semplicità non è sinonimo di banalità.
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