Mario Sironi. Sintesi e grandiosità è l'approfondita retrospettiva, voluta dal Museo del Novecento di Milano. La mostra, che ripropone l'intero cammino dell'artista, è curata da Elena Pontiggia e Anna Maria Montaldo. L'occasione sarà utile, come scrive Claudio Strinati “per riconsiderare la carriera di uno dei più grandi pittori del XX secolo”. Anche se la precoce adesione al fascismo ha creato qualche problema a chi lo ha sempre apprezzato.
Gli spazi espositivi
Sono due. Il primo si trova nelle sale dello stesso Museo, ed espone le collezioni storiche con le acquisizioni recenti. Il secondo è nella Casa Museo Boschi Di Stefano. Una delle stanze è rigorosamente monografica, e comprende, oltre ai dipinti, anche il complesso degli arredi disegnati da Sironi per la sala da pranzo.
Le opere
Si articola in oltre cento opere in grado di scandire con estrema precisione i diversi periodi che ne hanno caratterizzato il percorso. Dall'iniziale stagione simbolista all'adesione al futurismo. Anche se quest'ultimo si distacca dal vigore cromatico della boccioniana Città che sale. Dalla personale rilettura della metafisica nel 1919 alla stagione classica del Novecento italiano. Dalla crisi espressionista alla pittura monumentale degli anni Trenta. E quindi il secondo dopoguerra fino all' Apocalisse realizzata poco prima di morire.
Il progetto
Un progetto sicuramente impegnativo che presenta in un'ottica nuova, attraverso un accurato utilizzo delle fonti, l'intreccio di creatività e vicende politico/esistenziali di Sironi. Tracciando l'itinerario cronologico della sua ricerca. La retrospettiva si connota inoltre per l'attenzione rivolta al paesaggio urbano di Milano, lavori risalenti agli anni Venti del ‘900. I toni lividi, disumanizzati delle sue periferie. Hanno un taglio spaziale contratto. Quasi troncato, monco. Dove sembra mancare l'aria. Dove non si è liberi. Come se il rappresentato fosse rinchiuso in una gabbia. Il verde è assente. I colori cupi. Ma la solidità del disegno trasfigura le periferie. Le rende austere. Non prive di una certa grandiosità.
Le prospettive
Neutre e alienanti sfiorano visioni di muri appiattiti, schematici, tagliati. Dove si respira solitudine e aleggiano fumi di ciminiere, dove sulle strade grigiastre si allungano inquietanti ombre scure. In questi desolati paesaggi urbani può sembrare che Sironi abbia sacrificato i particolari. Ma osservando bene ci si accorge che la raffigurazione rimane integra e “che stupisce per velocità, irruenza, sapienza e peso narrativi”. Che la narrazione procede per “sostanze volumetriche”.
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