Grande era l’importanza, nell’antica Roma, della carica di console. A questo magistrato era conferita la discrezionalità di decidere azioni militari, convocare e presiedere adunanze del Senato e popolari, proporre leggi, decidere dell’amministrazione finanziaria e avviare opere pubbliche. La via Aurelia era tutto ciò.
Proprio in questo comparto si pone la via “consolare” cui l’Associazione Yes Art Italy, nel pomeriggio di sabato 5 giugno (vai alla sezione “Visite guidate”) riserva un workshop itinerante nel cuore di Roma. La via Aurelia, alla stregua della via Appia, della Flaminia, della Cassia, fu aperta alla metà del III secolo a.C. per volere del prestigioso Marco Aurelio Cotta, che per l’appunto le darà il nome.
Il Foro Boario
Dal Foro del bestiame, caro ad Eracle, aveva inizio la via per l’Etruria e la Gallia. Lasciati alle spalle il sacello a pianta circolare di Eracle Vincitore (meglio conosciuto con il nome di Tempio di Vesta) e quello del dio protettore dei porti, Portunus, la strada arriva a Trastevere. Il rione era la XIV Regio di Roma – oggi diremmo Municipio.
A partire dalla sede dell’attuale Ministero della Salute il percorso per Pisa, Tortona e Genova divergeva di novanta gradi rispetto alla “via del sale” proveniente dalle saline di Fiumicino.
Nonostante le profonde e significative trasformazioni avvenute nei secoli, della via Aurelia si riconosce il tracciato sul fianco settentrionale di piazza San Benedetto in Piscinula (sede di un antico mercato del pesce) e in via della Lungaretta.
Oltrepassato viale Trastevere, hiway postunitario capolavoro di urbanistica, miope cesura dei mestieri, delle tradizioni e dei profumi di questo splendido rione, le legioni agli ordini di Cesare in marcia verso la Gallia Narbonense entravano in piazza di Santa Maria in Trastevere. Guadagnavano quindi la cima del colle che vide Roma nascere, il Gianicolo, fino alla Porta San Pancrazio o Porta Aurelia.
Un’altra strada, parallela all’Aurelia, si staccava dalla nostra all’altezza dell’American Academy in Rome. Seguendo per un tratto il percorso della via Luciano Manara, raggiungeva il fiume transitando a sud di Santa Cecilia. In corrispondenza della chiesa della patrona della musica fu costruito, sempre sul Tevere, un ponte del quale sono state scorte tracce poco a monte dell’Ospizio di San Michele.
Il paesaggio della Campagna Romana
Qui il percorso della via Aurelia si fa decisamente paesaggistico. Lasciando sulla sinistra il bellissimo ingresso alla Villa Doria Pamphilj, la via costeggia il suo muro di confine. L’opus reticulatum e i mattoni dell’Acquedotto di Traiano sono tuttora visibili. Prosegue stretta e ombrosa tra alberi e muri per quasi 3 chilometri, ed è forse l’unica strada suburbana importante che abbia conservato un aspetto tranquillo e solitario.
Numerosi sentieri più stretti si staccavano da essa a destra e a sinistra. Uno di questi si allontana in direzione nord verso la via Triumphalis ed è seguito dall’acquedotto. Passa vicino alla pineta nota come “Pineta Sacchetti”, che si staglia all’orizzonte a sinistra di Monte Mario: le cime degli alberi sono così ravvicinate da sembrare una fila di archi.
Prima di arrivare al XIII chilometro, attraversiamo il fiume noto come Galera, uno dei più grandi, in un luogo chiamato Malagrotta. In tempi recenti passato alle cronache per la cattiva gestione dei rifiuti della Capitale, tale avvallamento deve il nome alla pittoresca leggenda di una grotta abitata da un drago o da un serpente. Ma la semplice verità è che il nome è una corruzione di Mola rupta, un mulino che risale nientemeno al X secolo e che venne senza dubbio distrutto da un’alluvione.
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