“… Marzo pazzo e cuorcontento, si sveglia un mattino pieno di vento: la prima rondine arriva stasera con l'espresso della primavera…” scriveva Gianni Rodari, “Marzo pazzerello, esce il sole e prendi l'ombrello”… recitava un detto popolare sul tempo meteorologico. Mentre la pandemia imperversa ancora tra lockdown e divieto di spostamenti tra le nostre beneamate regioni, torniamo a viaggiare a zonzo per l'Italia ma questa volta alla scoperta di proverbi, detti popolari e citazioni di questa bella terra.
Un giro a Torino, città d'eccellenza del cioccolato
Partiamo da Torino, dove fu coniata l'espressione “Fé una figura da cicôlatè”, ovvero “Fare una figura da cioccolatai”. Questo modo di dire tuttora in uso, indica “fare una brutta figura”, ma quali sono le origini di questa frase e in quale contesto è nata?
Torino è senza dubbio ancora oggi la città italiana del cioccolato, ma i natali di questo titolo si devono sicuramente a Emanuele Filiberto di Savoia. Fu proprio lui che nel XVI secolo fece servire una cioccolata calda per i festeggiamenti del trasferimento, della capitale del Ducato di Savoia, da Chambéry a Torino.
Ma fu solo durante il regno di Carlo Felice, durante l'800, che il detto “Fé una figura da cicôlatè” prese piede. Si racconta che i nobili erano soliti uscire in carrozze trainate da due cavalli, quando il re venne a sapere di un cioccolataio che girava per le vie della città con una carrozza trainata da quattro stalloni, alterato dalla vicenda, Carlo Felice lo esortò a non fare sfoggio di abitudini così altezzose, altrimenti la nobiltà, paragonata a un cioccolataio, avrebbe fatto una brutta figura.
Col tempo il cioccolato si diffuse nella capitale piemontese, dando origine nella seconda metà del XIX secolo al famoso Gianduiotto che ancora oggi delizia i nostri palati. Tra un giro all'insegna della Mole Antonelliana, una capatina alla Sacra Sindone, una volata al Duomo, Palazzo Madama e le Gallerie, le tappe più ambite saranno sicuramente gli storici caffè dove poter gustare il famoso bicerin, la bevanda calda a base di cioccolata, caffè e crema di latte che aveva fatto la felicità dei reali e titolati di un tempo.
Vedi napoli… e poi?
“Vedi Napoli e poi muori” è la frase più ripetuta a chiunque sia in procinto di fare un viaggio nella città partenopea. Ma da dove deriva questa massima che a primo impatto ha una connotazione tutt'altro che positiva?
Come ogni detto, proverbio o citazione, un po' di mito si mescola sempre alla realtà e questa volta il popolo napoletano ha voluto legare tali parole alla storia di una strega buona dal nome Raziella.
Secondo la leggenda, un tempo, Napoli era la meta preferita per chiunque avesse problemi di cuore, la gente vi si recava per allietare le sofferenze d'amore, placate dalla bellezza del paesaggio e dal mite clima della città. Per coloro che non riuscivano nel loro intento, Raziella veniva in aiuto con una pozione, un vino dai poteri straordinari, in grado di far scordare tutto, persino la propria identità, si era come morti e da questa morte si rinasceva.
La versione storica, sicuramente la più accreditata, è che l'affermazione derivi da una celebre frase estratta dall'opera Viaggio in Italia di Goethe. Lo splendore e la magnificenza di Napoli erano qualcosa di ineguagliabile, egli aveva tanto appreso da essa da essere cambiato e la città era penetrata nell'anima del poeta da sentirsi quasi morire di nostalgia per la sua lontananza.
Soltanto passeggiando per i vicoli, con il sole che ci accarezza il volto, ammirando la vastità del golfo e l'imponenza del Vesuvio, potremmo godere in pieno del suo fascino, per poi lasciarci dietro il tutto e un po' morire dentro, come Goethe nel ricordo della sua Napoli.
Passeggiando per Bari, città cosmopolita
A Bari si dice che nessuno è straniero. La storia della città affonda le sue radici in una moltitudine di dominazioni e civiltà dai Greci ai Romani, dagli Ostrogoti ai Bizantini, nella parentesi longobarda e in quella saracena, passando per i Normanni, gli Svevi e gli Angioini, gli Asburgo e i Borbone. Ciò attesta quanto Bari sia stata contaminata dal punto di vista culturale.
Sarà stato sicuramente anche per merito del suo Santo Patrono e del detto che lo accompagna “Sande Necòle iè amande de le frastìire” ovvero “San Nicola ama i forestieri” se Bari è diventata, nel corso dei secoli, una città cosmopolita.
Il culto di San Nicola
Il Santo proveniente dalla Licia, regione dell'attuale Turchia, era stato nel'XI secolo oggetto di controversia tra baresi e veneziani che volevano appropriarsi delle sue reliquie per poterle custodire. Infatti oggi le sue ossa sono conservate tra Bari e Venezia dove sono tuttora venerate.
Il culto di San Nicola si è diffuso in tutto il mondo grazie ai suoi miracoli a favore dei poveri e dei bambini. La sua figura si accosta, in nord Europa, a quella di Sinterklaas, Sint-Nicolaas o comunemente anche quella di Babbo Natale. Inoltre è patrono di commercianti e mercanti e per questo il detto ha due significati, in primis perché l'arte del commerciare è legata ai forestieri, e in secondo luogo perché il culto del Santo fa sì che la città accolga ogni anno molti stranieri che giungono a Bari per festeggiarlo nella sua ricorrenza, il 6 dicembre e tra il 7 e 9 maggio.
E se siete a Bari a spasso per le sue vie tra una visita alla Basilica, il castello Svevo-Normanno e Bari Vecchia, una passeggiata sul lungomare vi farà giungere al porto per ammirare, in un antro nascosto, il busto di un San Nicola nero, venerato dai baresi fino agli anni '60, ma questa è un'altra storia.
A spasso nella capitale insieme a Peppe
E se “Tutte le strade portano a Roma” vista la necessità di collegamenti e della vastità dell'Impero Romano, sicuramente per le vie della capitale avrete sentito dire “Er giro de Peppe” a proposito di lunghi e inutili percorsi per arrivare a destinazione. Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire chi era questo fantomatico Peppe e che giro fece tanto da esser ancora ricordato e nominato dal popolo romano.
A far da prima versione alla spiegazione di questo modo di dire, la Bibbia ci narra il viaggio di Giuseppe che da Betlemme tornò a Nazareth, passando per l'Egitto. Una seconda versione, quella più amata dai romani, sarebbe quella dell'avventura di Giuseppe Garibaldi. Era il 1878, la carrozza reale contente il feretro del re Vittorio Emanuele II di Savoia compì due giri in piazza della Rotonda, per un estremo saluto al popolo. Mentre tutte la autorità attendevano all'ingresso del Pantheon, dove il re sarebbe poi stato seppellito, Garibaldi seguì il corteo nel percorso, quando avrebbe potuto attendere anche lui all'entrata. Del lungo tragitto percorso, “Er giro de Peppe, intorno alla Rotonda, appresso alla Reale” quello che oggigiorno viene rammentato è solo una parte dell'intero itinerario.
Perché non approfittare quindi e fare “Il giro di Peppe” per ammirare nella Piazza della Rotonda la meravigliosa fontana del XVI secolo con il suo obelisco e i suoi splendidi mascheroni. Sfruttiamo l'occasione ed entriamo nel tempio per lasciarci incantare dal modo in cui la luce filtra dalla cupola del Pantheon.
E se Petrarca recitava nel Canzoniere “il bel paese ch'Appennin parte e ‘l mar circonda et l'Alpe” non c'è modo migliore di concludere. Con tale citazione, il nostro breve ma intenso viaggio tra le parole, sperando di tornare a vedere presto i luoghi di questa incantevole penisola.