In quest’Italia segnata ancora dai colori della pandemia procede il nostro viaggio, è un viaggio diverso, all’insegna della memoria. Un tour che vi condurrà alla riscoperta dei ghetti ebraici, nell’amarezza del ricordo e nella bellezza dei luoghi che ancora oggi testimoniano una viva ricchezza intrisa di storia e tradizioni.
La persecuzione che caratterizzò l’Europa dai secoli XIII al XVI vide molte delle città italiane protagoniste della creazione di quelli che furono definiti “ghetti”, luoghi di esclusione che pian piano iniziarono a crescere e consolidarsi come dei veri e propri quartieri. Questi spazi divennero parte integrante del centro abitato con la costruzione di sinagoghe e l’avvio di attività commerciali a cui solo gli ebrei erano dediti.
L’antico ghetto della Venezia dei mercanti
La storia del Mercante di Venezia di Shakespeare è sicuramente l’opera più rappresentativa che mostra l’opinione dei veneziani in merito agli ebrei nel XVI secolo. Nel sestiere di Cannaregio, il quartiere in cui vennero confinati gli ebrei presenti in città, solo alcuni erano i mestieri a cui potersi dedicare: dalla strazzeria, che includeva il commercio di abiti e stoffe, alla medicina, al prestito di denaro. A documentare la loro vita a Venezia, attraverso la sua collezione permanente di libri antichi, oggetti rituali delle festività ebraiche e tessuti di addobbo della Sinagoga è certamente il Museo ebraico. Dall’edificio è possibile accedere a due delle cinque sinagoghe di Venezia: la Scuola Grande Tedesca, di stile tardo-barocco, e la Scola Canton caratterizzata dalla presenza di bassorilievi lignei che raffigurano eventi biblici. Da non perdere è la visita alle altre tre sinagoghe quali la Scola Italiana, quella Levantina e quella Ponentina o Spagnola.
L’eredità del ghetto di Bologna
Prima del 1555, anno in cui il papa Paolo IV emanò la bolla Cum nimis absurdum regolamentando la presenza ebraica nello Stato Pontificio, seppur dovendo portare i segni distintivi di identificazione, la comunità ebraica conviveva con gli abitanti di Bologna in maniera ben tollerata. Il passato bolognese infatti era stato prospero e ricco dal punto di vista culturale ed economico, dalla scuola di studi talmudici, alla cattedra di ebraismo sino ai banchi di prestito. Dal 1556 l’area tra via Zamboni, via Oberdan e via Marsala venne delimitata dai cancelli dei confini ebraici entro i quali essi dovettero risiedere fino al 1593, anno della cacciata.
Il centro medievale cittadino ha mantenuto lo stile architettonico originario, ed è possibile ancora oggi passeggiare sotto gli antichi portici e le strette vie di quelle che erano un tempo le strade del ghetto. Tra i maggiori monumenti ricordiamo il cimitero ebraico medievale, di recente scoperta, e il Museo ebraico, con i tre spazi che lo caratterizzano, quali un museo permanente che illustra la storia degli ebrei dalle origini a oggi, una sezione per mostre temporanee e una biblioteca documentale. Per gli amanti dei libri antichi, vale la pena fare una visita alla Biblioteca Universitaria di Bologna e dare un’occhiata al documento contenente il testo della Torah datato tra il 1155 e il 1225.
Il serraglio degli ebrei a Roma
Sant’Angelo è il rione che a Roma oggigiorno è definito come quartiere ebraico. Dal 1555 divenne il serraglio degli ebrei, tra piazza delle Cinque Scole, il Portico d’Ottavia e il Tevere, luogo entro i cui limiti questi erano costretti a vivere ed esercitare le professioni che gli avevano fatto guadagnare a malincuore l’appellativo di straccivendoli e usurai. Essi fecero di queste attività i mestieri principali eccellendo nel commercio di tessuti e abiti e nell’istituzione di banchi di pegno. La breve parentesi francese portò gli ebrei a una temporanea parità di diritti, ma fu solo nel 1870 che il ghetto venne abolito per sempre. Il quartiere rappresenta attualmente un luogo di grande importanza e attrattiva turistica, camminando per le sue vie tra gli antichi resti romani del Teatro di Marcello e il Portico d’Ottavia incrociamo il Museo ebraico, la Fontana di piazza delle Cinque Scole e la Sinagoga. Degni di nota sono sicuramente i ristoranti della cucina tipica ebraica con le sue antiche ricette, che ci riportano con i profumi e i sapori dei loro piatti, alle origini della tradizione: carciofi alla giudía, coppiette, brodo di pesce e molti altri.
A partire dal 1848 venne decretata la fine dei ghetti in Italia, quel che ne resta è un ricordo visibile e tangibile impresso nelle strade, nelle sinagoghe, nei musei e nei ristoranti dei borghi ebraici. Visitare questi luoghi con il pensiero o fisicamente, ci aiuta oggi a non dimenticare uno spaccato di vita, parte di una storia che ancora porta con sé un peso significativo, soprattutto nel giorno della memoria.