Il Palazzo delle Esposizioni di Roma ospita fino al 27 agosto la mostra VITA DULCIS. Paura e desiderio nell’Impero romano.
Un allestimento grandioso voluto dall’artista italiano Francesco Vezzoli (Brescia, 1971). Un personaggio che con la sua poliedrica e multiforme sapienza di fare arte, ha ideato una mostra in cui l’artista demiurgo riunisce più di 200 opere antiche provenienti dalle collezioni del Museo Nazionale Romano e creazioni dell’artista stesso, rielaborate su reperti antichi a cui fanno da sfondo in ogni sala scene di film epici che raccontano la romanità.
Vezzoli, con la collaborazione di Stéphane Verger, direttore del Museo Nazionale Romano, ha voluto giocare con l’archeologia, creando un percorso espositivo privo di quella freddezza e lontananza che solitamente creano i marmi antichi intrisi di una sacralità inviolabile. Ha realizzato quindi uno spazio in cui la cultura classica e quella pop interagiscono. Il risultato è una mostra accattivante che può non essere apprezzata dai puristi della tradizione, ma che può aiutare a riattivare un rapporto più ludico, quasi erotico con l’antichità, “un percorso che vuole togliere la polvere dall’idea che abbiamo dell’archeologia” come afferma lo stesso Vezzoli.
La mostra
L’artista conduce il visitatore attraverso sette sale tematiche che dialogano con l’altro protagonista: il cinema. Un’arte che ha sempre celebrato in modo egregio e universale il periodo storico dell’Antica Roma, cercando di restituire la verità, le atmosfere e i colori di un momento fondamentale della nostra cultura. Il titolo VITA DULCIS è un omaggio al famoso film di Federico Fellini, La Dolce Vita del 1960. Dal viaggio di Fellini nei meandri della Dolce Vita romana, Vezzoli trae l’ispirazione per un viaggio all’interno della Vita romana dell’antichità.
Il percorso espositivo si apre nella rotonda all’entrata del Palazzo delle Esposizioni progettato a fine Ottocento dall’architetto Pio Piacentini con sei sculture di Venere.
I volti delle sei statue sono modificati con i volti di star contemporanee come Sharon Stone, Michelle Williams, Anita Ekberg, Valentina Cortese, Jeanne Moreau e la Principessa Carolina di Monaco. I loro occhi, con un sapiente intervento di collage sono stati sostituiti con quelli della madre dell’artista. La sacralità dell’arte viene qui decontestualizzata per lasciare il posto alle icone contemporanee. È l’idea principale di Vezzoli che vuole avvicinare e mescolare epoche e vissuti diversi in un percorso di parallelismi e contrapposizioni.
PARA BELLUM (Prepararsi alla guerra)
Il titolo della prima sala, Si vis pacem para bellum è una citazione latina dello scrittore Vegenzio (fine IV-inizio V sec.d.C.), che incita a garantirsi i giusti mezzi di difesa, al fine di poter assicurare al proprio stato la pace.
Sala dedicata alla guerra in cui al centro si erge il Gruppo di Achille e Pentesilea (II sec.d.C.) Importanti anche la Testa di Marte (II sec. d.C.) e il Torso dell’imperatore Domiziano (I sec.d.C.)
Vezzoli ci mostra il suo Achille del 2021, un busto in marmo del XIX sec. dipinto con pittura acrilica.
Nella sala sono proiettate scene tratte dai film La caduta dei barbari del 1968 di Robert Siodmak e Il Gladiatore del 2000 di Ridley Scott.
ANIMULA VAGULA BLANDULA (Dolce, piccola anima in viaggio)
Il titolo della seconda sala è tratto dal famoso libro Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar. Spazio dedicato al mito di Antinoo, il giovane amante dell’imperatore Adriano e alla vita omosessuale nell’impero romano. Ci accoglie il busto di Antinoo (II sec.d.C.) della collezione Boncompagni Ludovisi.
Seguono 6 busti in gesso dipinti con acquerelli di Vezzoli: Portrait of Antinoo as a rock star del 2023.
Molto affascinante l’altra opera di Vezzoli presente in sala: Lo sguardo di Adriano del 2018, una testa in marmo del II sec.d.C. dipinta con pittura acrilica. Le proiezioni della parete di fondo sono tratte dai film Sebastiane del 1976 di Paul Humfress e Spartacus del 1960 di Ridley Scott.
DUX FEMINA FACTI (Donna guida dell’impresa)
La terza sala è dedicata alla figura femminile. Sebbene la società romana fosse patriarcale, il ruolo della donna era fondamentale per la gestione quotidiana della vita romana.
Nello spazio sono presenti varie statue di figure femminili attraverso le quali la donna è stata rappresentata. Torso di Kore (I sec.d.C.), Testa monumentale di Medusa (I sec.d.C.), Statua di Venere pudica (età imperiale). Fino al richiamo alla Venere paleolitica di Willendorf, ingrandita e replicata in bronzo, la cui testa marmorea è un originale del III sec.d.C. Vezzoli ha dato alla statua le sembianze dell’attrice Kim Kardashian, nota per le sue forme generose.
I film proiettati sono un omaggio alla regina egiziana più famosa: Cleopatra di Mankiewicz del 1963 con Elizabeth Taylor come protagonista e Cleopatra del 1934 di Cecil B.DeMille.
CERTA OMNIBUS (Certo a tutti)
La quarta sala è dedicata alle iscrizioni funerarie. In epoca romana il culto delle divinità dell’oltretomba era connesso alla considerazione che l’anima sopravvivesse alla morte del corpo. In questo spazio sono raccolte in un lungo corridoio 47 lapidi funerarie provenienti dai depositi delle Terme di Diocleziano.
L’atmosfera solenne è accentuata dalle scene del sacrificio tratte dal film culto Cabiria del 1914 di Giovanni Pastrone con didascalie di Gabriele D’Annunzio.
RIDENTEM DICERE VERUM (Dire la verità ridendo)
Il titolo della quinta sala è tratto dai Sermones di Orazio (Venosa, 8 dicembre 65 a.C.- Roma, 27 novembre 8 a.C.) e vuole farci riflettere sull’arguzia della satira nel mondo romano.
In esposizione troviamo una serie di busti di personaggi storici come l’imperatore Traiano (110 d.C.), Hermes (I-II sec.d.C.), Euripide, e l’opera True Colors di Vezzoli (testa antica, caseina, cera e vernice) del 2014.
Busti collocati in circolo, partecipi di un banchetto dionisiaco al centro del quale troneggia la scultura dell’Ermafrodito dormiente (metà del II sec.d.C.).
In un’atmosfera di erotismo e carnalità le scene dei film Satyricon di Federico Fellini del 1969 e Satyricon di Gian Luigi Polidoro del 1969 mostrano personaggi grotteschi che esprimono verità sottili.
UBI POTENTIA REGNAT (Dove regna la potenza)
La sala ospita una serie di ritratti di imperatori romani, in una struttura a forma di ziggurat. Sono i simboli dell’impero romano, dell’ascesa e caduta dal 27 a.C. al 476 d.C.
La domanda che Vezzoli si pone è: Fino a che punto giunge il potere? In quest’ottica, le teste degli imperatori Marco Aurelio e Domiziano sono innestate su corpi femminili: High Society (Portrait of Emperor Domitian with a Female Bust) del 2023
e The Swan (Portrait of Emperor Marcus Aurelius with Female Bust) del 2023.
Molto interessanti sono il Ritratto di Marco Aurelio (III sec.d.C.) e il Busto di Adriano in corazza (II sec.d.C.). A fare da sfondo ai diversi stadi di potenza e a ridicolizzarne la portata sono le scene di Mio figlio Nerone di Steno del 1956 e Nel segno di Roma di Guido Brignone del 1959.
MIXTURA DEMENTIAE (Un insieme di follia)
Il titolo dell’ultima sala introduce all’estetica del frammento, del danneggiamento dei reperti archeologici, così da indurci a prestare attenzione a tutti quei pezzi conservati nei depositi dei musei.
Teste di leoni, frammenti di capitelli, colonne, rilievi. Vezzoli colloca alcune sue opere come Pedicure del 2020: un piede del III sec.d.C. con le unghie dipinte di smalto.
e Lacrime di coccodrillo del 2023, un enorme rettile in bronzo che divora una testa in marmo di Palmira del III sec.d.C.
Le immagini sullo schermo di questa sala sono tratte dall’opera forse più conosciuta di Vezzoli: il film Trailer for a Remake of Gore Vidal’s Caligula del 2006. Partendo dalla pellicola Caligola del 1979 sceneggiata dallo scrittore Gore Vidal, diretto e riscritto da Tinto Brass, Vezzoli fa interpretare ad un cast internazionale i personaggi storici all’interno di una villa di Beverly Hills, mostrando le manipolazioni del potere attraverso una parodia del cinema hollywoodiano e il suo interesse per Roma.
Storia ed attualità
VITA DULCIS è mostra potente, ironica e provocatoria che permette alla nostra mente di vagare tra periodi storici diversi, riportando all’attualità i principi romani della tradizione classica. Quei principi che viviamo nel percorso espositivo in una giostra di riferimenti culturali, artistici e storici, in un connubio di classico e pop che rappresenta l’arte contemporanea ai massimi livelli.
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