Francesco De Gregori, ospite, lo scorso giovedì, della prima puntata di “L’importante è avere un piano” si confessa dicendo: “Volevo essere come Bob Dylan”. Molta gente si sarà chiesta “Ancora Bob!? Ma basta, ha già vinto un Nobel per la letteratura senza esserselo meritato, inoltre fa il gradasso senza ritirarlo! Ora viene citato anche da De Gregori!?”. Eh… la critica, quella più “acculturata”, a volte (diciamo pure spesso) dice cose senza pensare. Qui una citazione dello stesso Dylan ci sta proprio a pennello: “Non criticare ciò che non puoi capire!”.
Ma vediamo più affondo perché il Nobel vinto da Bob sia stato così tanto discusso da tutti.
Si possono amare i suoi testi per il suo buttare al vento politica e profezie, poi si può amare la sua voce e soprattutto il suo essere musicista. E contemporaneamente pensare che il Nobel della letteratura dato a lui sia solo una mezza stupidaggine, una formalità, un modo per annunciare ufficialmente che Dylan sia da premiare nella Letteratura per i suoi testi e fare questa “sorpresa” ad un presunto mondo della Cultura. In questo senso, a voler essere maligni si può pensare che non è stato Dylan a vincere il Nobel, ma il Nobel a vincere Dylan. Volendo essere ancora più maligni, gli Accademici di Svezia ci fanno la figura (insulsa) di aver scoperto il rock, la “Controcultura”, gli anni ‘60 con ben 50 anni di ritardo. Mmm… bravi, hanno scoperto l’acqua calda.
Si dice che Dylan sia stato premiato con il Nobel della Letteratura “per aver creato nella tradizione della canzone americana una nuova espressione poetica”. Ok, ma la tradizione della canzone americana con la letteratura cosa c’entra? Forse c’entra ma solo a metà. Naturalmente per la metà che riguarda i testi: se le musiche fossero premiabili si potrebbe ipotizzare un Nobel ad altri 10.000 cantautori, senza nulla togliere a Dylan ovviamente. E perché limitarsi alla musica e lasciare fuori le altre forme d’arte? I cantautori non sono poeti e i poeti non sono cantautori. Si tratta semplicemente di forme d’arte diverse.
Bob Dylan è stato premiato per i testi: lo hanno definito “il più grande poeta vivente”. Ma i testi sono solo una parte di una canzone, spesso nemmeno la più importante: moltissimi capolavori della canzone hanno, infatti, testi che, se isolati, non sono granché interessanti. In breve possiamo dire che: il Nobel amplifica e basta.
Inoltre la scomparsa di Dario Fo proprio il giorno del Nobel alla Letteratura (che aveva vinto nel 1997), rende ancora più chiara la faccenda. Il suo premio fu contestato perché si diceva che il teatro non avesse niente a che fare con la letteratura. Ma tutta la storia della letteratura è fatta di un rete connessa costantemente con il teatro: molte opere teatrali sono leggibili da sole, senza bisogno di vederle rappresentate. Il “divorzio” tra musica e letteratura invece è un fatto ben documentato (avvenuto verso il 1300), e i tentativi di riunificazione non è che abbiano avuto tutto questo peso formale.
Tornando quindi all’inizio della questione: il Nobel a Dylan dà l’idea di volere da una parte non far invecchiare la cultura, dall’altra elevare con la parola “letteratura” una forma d’arte ibrida come la canzone. Ma le canzoni di Bob Dylan non hanno bisogno del marchio del Nobel per essere quello che sono. E il Nobel non dovrebbe aver bisogno di Bob Dylan per essere quello che è.