La tua lista dei desideri su Libraccio sta per esplodere? Appena metti piede alla Feltrinelli il portafoglio si svuota per magia? Allora, avresti semplicemente adorato passeggiare tra gli scaffali della biblioteca di Alessandria, un edificio che raccolse la gamma di scritti più vasta di tutto il periodo greco-ellenistico. In questo articolo rispondiamo per te a 5 domande sulla biblioteca di Alessandria e la sua storia.
La biblioteca di Alessandria e la sua storia: quando nasce e in che contesto?
A partire dal IV secolo a.C. alcune personalità del mondo antico iniziarono a mettere insieme un gran numero di opere. Era famosissima, ad esempio, la collezione di Aristotele: Il filosofo fu soprannominato il lettore per la sua propensione verso i libri di cui incoraggiava la raccolta e lo studio presso il suo Liceo.
Proprio sul modello della scuola aristotelica, nacque la biblioteca di Alessandria, attiva dal III secolo a.C. per iniziativa del sovrano Tolomeo II.
Aristotele consegnò a Teofrasto la sua biblioteca, primo di quelli che noi conosciamo a raccogliere libri e a insegnare ai re in Egitto la costituzione di una biblioteca.
Strabone
La testimonianza di Strabone non va intesa alla lettera: che Teofrasto (successore di Aristotele alla guida del Liceo) abbia effettivamente collaborato con la corte tolemaica è assai improbabile; tuttavia, il brano crea un collegamento interessante tra le due biblioteche, suggerendo che quella di Atene sia stata d’ispirazione per quella alessandrina.
Sfatiamo un mito: quante biblioteche c’erano ad Alessandria?
È opinione diffusa che la biblioteca di Alessandria fosse soltanto una. In realtà, le collezioni erano 2:
- una grande, detta Megàle all’interno dei quartieri i regali;
- una più piccola, posta all’esterno, vicino al Serapeo (il tempio del dio Serapide).
In foto: Serapide, importante divinità egizio-greca
L’aspetto amministrativo: chi erano i bibliotecari ad Alessandria?
Pare che la biblioteca fosse presieduta da un curatore, un po’ come accade anche oggi. Il papiro di Ossirinco 1241, pur con qualche lacuna, ci ha tramandato la corretta sequenza dei bibliotecari attivi ad Alessandria:
- Zenodoto di Efeso
- Apollonio Rodio
- Eratostene di Cirene
- Aristofane di Bisanzio
- Apollonio Eidografo
- Aristarco di Samotracia
In foto: Eratostene di Cirene, famoso anche come geografo.
La scelta del curatore era di competenza del re. Inoltre, spesso il bibliotecario svolgeva anche la funzione di istitutore dei figli del sovrano.
Ancora una curiosità: in che modo venivano raccolte le opere?
Tutti i libri che attraccavano al porto di Alessandria si requisivano per ordine del re: dopo aver trascritto l’opera, la biblioteca manteneva l’originale e ai proprietari si riconsegnava la copia. Strano vero? Una copia, infatti, è soggetta inevitabilmente agli errori dei copisti e quindi si preferiva conservare solo testi autentici.
Il caso più eclatante di questo uso così bizzarro fu quello del testo canonico dei tre tragici: il re Tolomeo III chiese e ottenne da Atene gli scritti di Eschilo, Sofocle e Euripide; successivamente, egli rispedì in Attica le copie, tenendo per sé gli originali. Atene ebbe la consolazione di ricevere una cauzione di ben 15 talenti: una somma che corrisponde oggi a circa 390.000 dollari americani.
La biblioteca di Alessandria e la sua storia: qual era l’obiettivo dei Tolomei?
Il progetto dei Tolomei era quello di possedere tutti gli scritti della letteratura greca. Ma c’era anche un vivo interesse per la traduzione di testi stranieri:
- restò celebre l’impresa dei 70 sapienti, chiamati a corte per tradurre il Vecchio Testamento dalla lingua ebraica al greco;
- trovavano posto tra gli scaffali anche opere di storia dell’Egitto. Ciò rientrava, forse, nella politica di integrazione portata avanti dai Tolomei (la maggior parte della popolazione di Alessandria era di origine egizia e non greca).
L’ambizione della corte reale era, dunque, quella di raccogliere tutti i libri del mondo allora conosciuto: fenomeno che assunse delle proporzioni inaudite se si fa il confronto con le collezioni dei sovrani ellenistici coevi.
Questa politica culturale, onnivora dal punto di vista bibliografico, era funzionale a cementare il prestigio della dinastia tolemaica. In altre parole, la ricchezza delle opere raccolte era il riflesso della opulenta condizione del sovrano.
In questo modo il potere dei Tolomei aveva una dimensione tangibile e parlava da sé, assumendo una risonanza monumentale anche a livello internazionale.
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