Bagnata da due mari, Tirreno da un lato e Ionio dall’altro, la Calabria si presenta al turista in tutto il suo splendore.
Sin dal passato è stata la culla di varie civiltà. Dagli Enotri ai Greci, dai Romani ai Bizantini, fu conquistata poi da Normanni, Angioini e infine Aragonesi. Ognuno di questi popoli ha lasciato una traccia indelebile nella storia e nel territorio di tale meravigliosa regione.
Tra musei, siti archeologici, chiese, complessi monumentali, spiagge e parchi naturali il viaggiatore può esplorare e scoprire una Calabria ricca di numerose bellezze.
Miti e leggende fanno da sfondo alla storia di questa terra divina dove sacro e profano si mescolano nell’immaginario collettivo.
Vibo Valentia: la laminetta orfica
L’imponente Vibo Valentia era conosciuta fino al 1928 come Monteleone di Calabria. Passando per l’appellativo greco Hipponion, la città ha avuto svariati nomi nel corso della sua storia di dominazioni. Le maggiori testimonianze di questa storia sono oggi conservate nel Museo Archeologico Statale Vito Capialbi ubicato, dal 1969, nel Castello Normanno-Svevo di Vibo.
L’oggetto di maggior vanto è sicuramente la laminetta in oro che reca un’iscrizione in lingua dorico-ionica. Il manufatto è stato datato tra il V e il IV secolo a.C.
La laminetta è stata rinvenuta nella Necropoli Occidentale durante gli scavi del settore INAM, nella tomba n.19. Faceva parte del corredo funerario di una donna che comprendeva, oltre a questo elemento, anche vasellame, lucerne e gioielli. Era una sorta di passaporto per i morti. L’iscrizione sovraimpressa indicava, alla defunta, cosa fare una volta arrivata nell’Ade.
La condizione di tale donna era privilegiata rispetto a quella degli altri defunti, in quanto iniziata alla religione orfica. L’Orfismo, riferito appunto a Orfeo, prevedeva un processo di purificazione nel corpo e nell’anima per percorrere le strade che avrebbero condotto il defunto alla beatitudine.
La laminetta precisava di dirigersi alla fonte della Memoria, poiché chi beveva da queste acque era destinato a ricongiungersi al divino. A differenza degli altri, non iniziati, che andavano verso la fonte dell’Oblio ed erano destinati al ciclo di reincarnazione in eterno.
La mostra, inoltre, ospita una moltitudine di oggetti che spaziano, a livello temporale, dall’età protostorica a quella medievale. I reperti hanno varia natura e provenienza. Oltre ai ritrovamenti in necropoli ed edifici sacri, vi sono altresì manufatti di collezioni private.
E se dopo tutto questo camminare l’appetito bussa alle porte, un sostanzioso piatto di pasta fileja vi saprà dare le energie giuste per rimettervi in viaggio.
Piedigrotta: la chiesa di Pizzo scavata nella roccia
Si narra che nel XXVII secolo un veliero, proveniente da Napoli, trasportasse l’effigie della Madonna di Piedigrotta. Colto da una violenta tempesta l’equipaggio iniziò a pregare. Promise che, una volta in salvo, sarebbe stata costruita una cappella in onore della Vergine, e così fu. I marinai riuscirono a raggiungere la riva, dove poi trovarono il quadro e la campana di bordo.
La cappella che costruirono fu successivamente soggetta ad altre mareggiate, in seguito alle quali, l’icona veniva ritrovata puntualmente al suo posto. Il fatto fu interpretato come volontà celeste e pertanto, per metterla a riparo, venne collocata in una grotta.
A partire dalla fine del 1800 Angelo Barone, un artista di Pizzo, iniziò ad ampliare la grotta. Scolpì vari gruppi di statue al suo interno: la Natività e altre sculture di natura sacra ispirate dalla fede e dal suo estro.
Il lavoro, alla sua morte, venne continuato da suo figlio Alfonso che plasmò numerose figure. Verso la fine degli 1960, Giorgio Barone, un nipote dei precedenti fautori, apportò dei lavori di restauro e creò nuove opere.
Questa chiesa, di straordinaria bellezza, è a due passi dalla spiaggia. Approfittate dunque per tuffarvi e godervi un po’ di relax.
E se al ritorno, dopo la lunga scalinata percorsa, avrete un certo languorino, ricordatevi che la Calabria è famosa per i suoi gelati, i cosiddetti “tartufi di Pizzo”. Ce n’è per tutti i gusti, ma il classico, dal cuore di cioccolato fuso, è quello che va per la maggiore.
Formicoli: l’antico porto di Ercole
Il tratto di mare, che va da Pizzo a Nicotera, è la rinomata Costa degli Dei, ricca di spiagge dalle acque cristalline. Il nome è dovuto alla bellezza dei suoi paesaggi che nel pensiero comune della tradizione vedevano questi luoghi della Calabria come dimora delle divinità.
La spiaggia di Formicoli, situata tra Tropea e Capo Vaticano, è senz’altro tra le più suggestive.
L’appellativo Formicoli deriverebbe dalla contrazione delle parole Forum Herculis. La leggenda vuole che fosse stato proprio Ercole ad avervi approdato in antichità. L’esistenza di un porto, chiamato Portus Herculis, sembra essere attestata da studiosi quali Strabone e Plinio. Ma ce ne danno testimonianza anche gli scritti del Mariafioti, in “Croniche et antichità di Calabria”, e le mappe, di fine ‘500, del cartografo e geografo fiammingo Abraham Oertel.
Le rovine sommerse dell’antico porto, sono visibili in parte dalla riva. Qui la costa è caratterizzata da una sabbia fine e da falesie in arenaria.
Sicuramente uno dei momenti più belli è il tramonto, da godere magari con un buon aperitivo. E se siete fortunati riuscirete a scorgere anche le Eolie all’orizzonte.
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